Un’inferiorità che la sana alimentazione prova a sovvertire
Da un lato il colosso della sana alimentazione, dall’altra quello del settore alimentare.
Il successo dei primi sta cercando di passare dalle campagne di educazione, quello dei secondi è consolidato da una comunicazione fortemente persuasiva.
I primi richiedono un impegno convinto, il secondo lascia che i desideri diventino realtà.
Se da un lato gli ultimi studi hanno dimostrato che i giovani sono disposti a spendere di più per avere cibo più sano, dall’altro i prezzi bassi del fast food sono un vantaggio non di poco conto.
Gli Stati Uniti sono in balia del cibo spazzatura: una grande catena si è accaparrata i baby influencer per promuovere i suoi prodotti, intercettando questo nuovo trend prima di tutti.
In Inghilterra si discute la nuova legge che metta limiti alla promozione del junk food.
In Italia sono stati stanziati fondi pubblici per un’alimentazione Bio nelle scuole.
Sarà sufficiente? No. Gli Stati Uniti erano già intervenuti con le limitazioni pubblicitari alla pubblicità della categoria, ma questi colossi hanno riversato i loro investimenti nel web, trovando ancora maggiore successo. Serve una regolamentazione più rigida, ma anche un impegno più intenso da parte delle aziende produttrici di cibo sano.
Baby influencer, YouTube e junk food: un tridente che minaccia la dieta sana dei più giovani statunitensi
Un preoccupante trend made in USA ci mostra come se da una parte c’è chi spinge per una corretta alimentazione, dall’altra parte della fune c’è chi preme l’acceleratore sul cibo spazzatura. Questi ultimi godono sicuramente di un’attrattività maggiore, per questo è necessario fare campagne di educazione alimentare massive e ben strutturate.
Lo studio condotto dai ricercatori della New York University riporta un dato significativo: l’80% dei genitori di bambini/e under 12 anni lascia loro vedere i video di YouTube. La fruizione di questi video è aumentata a causa del lockdown e il 35% dei genitori sostiene che a casa la presenza sul social dei/delle più giovani è regolare. Le aziende non si lasciano sfuggire questo trend per raggiungere il target più giovane e più facile da influenzare.
Questa presenza costante e numericamente importante ha fatto diventare YouTube il canale privilegiato di fruizione mediale per bambini/e, superando la televisione.
A questo si aggiunge un nuovo fenomeno: i baby influencer. Bambini che conquistano i social dietro la regia dei genitori. Tralasciando ogni discorso etico su questo elevamento di figli e figlie a star del web, la nostra attenzione deve spostarsi sui “prodotti di scena”. Se questi prevedono prodotti alimentari, nel 90% dei casi si tratta di cibo spazzatura. Un product placement che genera altissima attrazione verso il pubblico di questi baby influencer, i “baby consumers”.
La pubblicità del junk food dedicata ai più piccoli si sta definitivamente trasferendo su YouTube. Solo nello stato a stelle e strisce, le aziende investono ogni anno 1,8 miliardi di dollari per promuovere i loro prodotti.
Negli ultimi anni, però, le restrizioni sempre più diffuse (come quella delle fasce orarie) e il graduale distacco della Generazione Y dalla televisione hanno portato i produttori a reclutare le giovani star dei video e i loro genitori per pubblicizzare in modo pervasivo alimenti e bevande di pessima qualità.
Nella ricerca condotta su cinque dei baby influencer più popolari (di età compresa tra i 3 e i 14 anni) e su 418 dei loro video pubblicati nel 2019, è emersa una realtà preoccupante. 4 video su 10 hanno promosso alimenti e bevande e, nel 90% dei casi riguardavano cibi da fast food, bevande zuccherate e dolci (in questo ordine di frequenza). Inoltre, il marchio è riconoscibile in ogni contenuto, il che indica una chiara sponsorizzazione. Del restante 10% dei video, il 4% hanno promosso alimenti sconsigliati come hot dog di un marchio non riconoscibile: non direttamente pubblicizzato, ma sempre veicolo di uno stile di alimentazione scorretta.
Questi video sono stati visti da un miliardo di persone, più di ogni altro video pubblicitario di alimenti. Pubblicità subdole ed efficaci: il testimonial è percepito come “uno di noi” da bambini/e, ragazzi/e e dai genitori.
Regno Unito: il governo si schiera contro la pubblicità del junk food: limitazioni su spot e sponsored content
Boris Johnson ha lanciato la sua battaglia al cibo spazzatura. Infatti, dal 2023 (forse, si poteva anticipare), le televisioni del Regno non trasmetteranno più le pubblicità di prodotti alimentari o bevande più caloriche prima delle 21. Un orario che dovrebbe consentire di evitarne la fruizione da parte dei più piccoli, almeno secondo il Parlamento inglese.
Secondo il The Guardian, il provvedimento sarà presentato nei prossimi giorni e introdurrà delle regole ferree anche per il web: un accorgimento importante che potrebbe evitare l’effetto baby influencer statunitense. Le limitazioni televisive negli USA hanno portato un vantaggio alle aziende del junk food, obbligandole a virare sul web con contenuti più economici e intercettando un target più persuasibile. il divieto pensato a Westminster riguarda ogni forma di marketing digitale a pagamento. Quindi, niente sponsored content a tema cattiva alimentazione, comprese le inserzioni su Facebook, gli annunci su Google, chat advertising su Instagram e Twitter).
Nel Regno Unito si investono oltre 400 milioni di sterline per pubblicizzare il food online, perdite di cui pagherebbero le multinazionali del mondo social. In parallelo, sono 200 milioni le perdite che colpirebbero le emittenti televisive nazionali. Resta da vedere se questa iniziativa resisterà alle lobby del junk food e dei media o se prevarrà il buon senso e la linea dell’alimentazione sana.
In ogni modo, sarà sempre permesso promuovere il marchio, a patto di non visualizzare i prodotti. Nessuna restrizione è prevista per podcast, radio, cartelloni pubblicitari, autobus, stazioni ferroviarie e aeroporti.
L’Italia promuove le mense biologiche e l’educazione alimentare a scuola
L’ultima conferenza tra Stato e Regioni ha prodotto l’investimento di 5 milioni per le mense biologiche. Somma che verrà distribuita tra Regioni e Province autonome per ridurre il costo alle famiglie e garantire una maggiore informazione sulla alimentazione corretta. Iniziative di educazione nelle scuole per insegnare a bambini e bambine i principi per una dieta sana ed equilibrata. Nello specifico, il 14% del Fondo è volto ad aumentare l’informazione e la promozione di iniziative alimentari sull’agricoltura biologica.
L’intesa raggiunta troverò ufficialità nel decreto del Ministero delle Politiche Agricole in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, sul riparto del Fondo per le mense scolastiche biologiche per l’anno 2021.
Le mense biologiche certificate sono state istituite nel 2017 e ogni anno vengono serviti oltre 11 milioni di pasti, tutti rispettosi dei criteri previsti dal MIPAAF. Le mense scolastiche si qualificano come biologiche se rispettano percentuali minime di utilizzo in peso e per singolo prodotto biologico utilizzato, in riferimento alle materie prime di origine biologica. I valori minimi riguardano: frutta, ortaggi, legumi, prodotti trasformati di origine vegetale (esclusi succhi di frutta), pane e prodotti da forno, farine, cereali e derivati, pasta, riso, almeno il 70% di olio extravergine di oliva, il 100% di uova, yogurt e succhi di frutta e almeno il 30% di prodotti lattiero caseari, carne e pesce da acquacoltura.
Tra social ed educazione: come devono intervenire gli enti pubblici e le aziende?
Negli Stati Uniti si è visto come i social, nello specifico YouTube, sia già diventato il mezzo principale per comunicare ai più piccoli. Le aziende del junk food sono riuscite a trarre un vantaggio dalle restrizioni parlamentari.
Nel Regno Unito si sta provando a evitare di subire questo contropiede, introducendo limitazioni anche per i contenuti sponsorizzati online.
In Italia, una piccola spinta arriva nell’offline, dimostrandosi comunque attenta al tema.
Le aziende devono battagliare sul territorio del mercato. Le multinazionali del junk food hanno sicuramente più fondi da investire, ma sul web la lotta può essere fatta alla pari, considerando che gli investimenti sono più contenuti rispetto al mezzo televisivo. Per questo, a fianco a un’educazione nelle scuole, serve che le aziende promotrici del cibo salutare investano con convinzione per promuovere non solo i propri prodotti, ma il proprio stile di vita.